mercoledì 15 aprile 2009

L'ABBAZIA DI CARCERI - LA STORIA

Il complesso abbaziale di Carceri (Padova) è stato costruito in vari momenti a partire dall’anno Mille. Inizialmente era costituito da una piccola chiesa e abitato da alcuni monaci Agostiniani. Poi, un po’ alla volta, si è ingrandito grazie anche a benefici, lasciti testamentari, decime, terreni ricevuti dalla nobile famiglia degli Estensi e dai Vescovi di Padova. È stato infatti grazie alle continue donazioni da parte della nobile famiglia degli Estensi che il convento di Carceri è diventato sempre più ricco. Queste donazioni avevano inoltre lo scopo di rendere produttiva ed abitata – grazie al lavoro dei monaci – una zona malsana che si trovava in una zona assai strategica. Le vie d’acqua di quel tempo: il Fossa Lovara (ora S. Caterina), il Fiumicello, il Fratta, che collegavano Carceri rispettivamente con Este, Montagnana e S. Salvaro, in una zona di confine con il veronese, rappresentavano importanti vie di comunicazione sia per i soldati sia per i commerci, ma permettevano anche di vigilare sull’arrivo di eventuali eserciti nemici.
La famiglia degli Estensi era in assoluto la famiglia più potente di quel periodo nel Triveneto, era ricchissima, si può paragonare ad un grosso milionario dei giorni nostri. Attorno al Mille aveva possedimenti a Montagnana, nel Polesine, in Toscana, in Lombardia. Nel 1050 l’imperatore li nomina Marchesi e vicari imperiali, dà loro l’investitura del dominio di Este.
Assai importanti per l’ampliamento del convento di Carceri sono stati anche i nuovi progressi compiuti contemporaneamente nell’agricoltura, come: il mulino ad acqua, l’aratro a versoio, il collare rigido, la rotazione triennale nella semina dei campi. In questo primo periodo i monaci hanno bonificato tutto il territorio circostante costruendo canali, alzando argini e insegnando ai contadini le tecniche di coltivazione usate da Greci e Romani. Dall’esame delle fonti abbiamo ricavato alcune importanti informazioni: ogni religioso aveva il suo incarico, c’erano infatti il priore che era il frate responsabile del convento, il sacrestano che si occupava della chiesa, il cellerario che curava le proprietà del convento, l’infermiere che si occupava dei malati, il bibliotecario che disegnava e miniava i libri della biblioteca, il maestro dei novizi, il portinaio, il cantore. Gradualmente dunque aumenta anche il numero dei monaci. Fra tutte le varie “professioni” dei monaci, ci siamo stupiti di quella di infermiere. Dall’analisi della fonte di Beatrice d’Este, abbiamo dedotto che nel monastero l’ospedale doveva funzionare bene se la figlia del vassallo più potente del luogo si faceva curare lì ed è stata talmente contenta da destinare all’ospedale parte dei suoi averi. Ma il monastero doveva essere famoso anche per altri servizi fatti se - come ci dicono le fonti – il primo dicembre 1427 Papa Martino V promuove “il monastero ad ABBAZIA per la sua osservanza alla santa Regola, per la serietà della sua scuola, per la sua bellezza e per la sua ricchezza”.
Inizia così il secondo periodo nella storia del monastero: il periodo camaldolese, quello di maggior splendore dell’abbazia. Di questo ci restano tracce importanti ancora adesso: il portichetto d’ingresso, il chiostro camaldolese, il pozzo ottagonale con lo stemma, la casa dell’abate, l’affresco di S. Romualdo. L’abbazia è bella e ricca. I monaci coltivano frumento, segale e cerali minori come il miglio, il sorgo, il panico, con i quali non solo preparano il pane, ma anche delle zuppe e delle mescolanze. Coltivano il fagiolo dall’occhio (il nostro fagiolino) e la vite. Negli orti si trovano insalate, rape, legumi (pezzoli, ceci, …). Probabilmente gli attrezzi utilizzati nelle coltivazioni erano costruiti dagli stessi monaci in legno e in ferro. Il monastero era come una grande azienda o castello, dove tutto veniva costruito o prodotto dentro le mura o nelle sue vicinanze.
Tutto questo finisce nel 1690, quando Papa Alessandro VIII – per finanziare la Repubblica di Venezia contro i Turchi - decide di vendere tutti gli edifici dentro le mura e 20.000 campi per 300.000 ducati ad una famiglia di commercianti: i Conti Carminati che la trasformano in azienda agricola. Inizia così l’inesorabile degrado dell’abbazia , i preziosi libri vengono trasferiti a Venezia, gli stalli del coro si disperdono nelle chiese di tutta Italia, la foresteria diventa magazzino, le celle dei depositi, la casa dell’abate la villa estiva della famiglia veneziana, tre dei quattro chiostri vengono abbattuti.
A partire dall’inizio del 1900 i Conti vendono pezzo dopo pezzo i ventimila campi di proprietà, finché nel 1951 regalano alla parrocchia di Carceri tutto il complesso edilizio, esclusa la foresteria.
Da allora è iniziato un lento restauro.



















1 commento:

  1. Il lavoro è bello, dal pdv della ricerca storica, io presenterei qualche fonte scritta dell'epoca e qualche brano storiografico che contestualizza quanto è avvenuto a Carceri, magari sul periodo in cui è iniziata la decadenza ... Ciao complimenti, non so come tu riesca a trovare il tempo per fare tutto questo! Elisa

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